Si sente spesso parlare di creatività, tuttavia tale argomento viene generalmente trattato in modo superficiale, senza dunque analizzare la sua vera natura. Di cosa si tratta davvero? Cos’ha in comune con l’immaginazione? Sono sinonimi? Si può imparare oppure bisogna per forza nascere con questa caratteristica? Scopriamolo insieme!
La creatività è essenzialmente la capacità (o l’azione) di creare qualcosa di nuovo, dando forma a idee e portando nella realtà ciò che si immagina e si sogna. Attenzione dunque! Avere idee meravigliose ma non realizzarle in modo tangibile non significa essere creativi, bensì essere persone con spiccate doti di immaginazione.
Percepire il mondo in modi nuovi, vedere ciò che altri non vedono, creare connessioni e relazioni fra situazioni oppure oggetti senza che vi sia apparentemente nessuna possibilità di dialogo fra di essi e trovare comunque soluzioni piacevoli e vincenti. Insomma, la creatività è tutto questo e molto altro! Tuttavia, ciò che è essenziale affinché esista, è la presenza di due elementi imprescindibili: il pensiero e l’azione.
Creare significa innovare, ossia produrre qualcosa che sia realmente utile (ad esempio per un’azienda, per un prodotto o servizio o per la società). È quindi un elemento fondamentale del processo di realizzazione di nuovi beni, che migliorano la vita delle persone che li acquisteranno.
Ecco un’informazione che farà sobbalzare qualche lettore: la creatività viene spesso intesa come qualcosa di impalpabile, inconcludente, fantasiosa e quindi considerata superflua o addirittura inutile. In realtà è da intendersi a tutti gli effetti una disciplina, che si può (e si dovrebbe) affinare con il tempo, in cui destreggiarsi e per cui allenarsi in modo rigoroso.
Perché ne parliamo in questa sede? Semplice: perché la creatività è alla base della sopravvivenza per qualsiasi azienda, oggi più che mai. Anche chi vi lavora al suo interno non può prescindere da questo elemento così prezioso e anche molte professioni in futuro sopravvivranno ai grandi cambiamenti digitali e di automazione proprio grazie alla creatività.
Quindi si può imparare? Tutti possono essere creativi?
Per chi fosse impaziente diciamo subito che la risposta è sì. Bisogna apprendere una disciplina, come abbiamo visto poc’anzi, unendo conoscenza con l’abilità di pensiero, usando l’immaginazione e mettendola al servizio delle informazioni che si ricevono, cercando quindi di trovare nuove idee capaci di trasformarsi in un oggetto o un servizio (mentre quando l’obiettivo non è un elemento che sia necessariamente di utilità per qualcos’altro o qualcuno, diviene arte).
Andiamo dritti al punto: come si impara?
Facendo associazioni, interrogandosi e mettendosi costantemente in discussione e in gioco, affinando la capacità d’osservazione, critica e analitica, confrontandosi con persone che hanno idee e punti di vista differenti e soprattutto fare esperimenti. Molti esperimenti. E non abbattersi né arrendersi mai.
È quindi palese che la creatività vada a braccetto con l’umiltà, intesa come desiderio di imparare durante tutta la vita e anche come la consapevolezza che ogni giorno si possa migliorare ciò che si è già realizzato, trovando così nuovi spunti e nuove chiavi di lettura.
Le tre componenti basilari per raggiungerla sono quindi la conoscenza (tecnica, procedurale e intellettuale), il pensiero creativo (abilità, flessibilità e immaginazione) e infine la motivazione (che può essere intrinseca e dunque influenzata dall’ambiente sociale/lavorativo oppure estrinseca, per ottenere risultati tangibili).
Davvero emblematica la ricerca che ha effettuato George Land con Beth Jarman nel 1968.
Il dr. Land ha messo a punto un test sulla creatività per la NASA, finalizzato alla selezione di nuovi ingegneri e scienziati brillanti. Data l’ottima riuscita, ha provato quindi a sottoporlo ad un campione di 1600 bambini di 5 anni di età. Il risultato fu che il 98% era creativo. Gli stessi piccoli partecipanti furono testati nuovamente all’età di 10 anni e a quel punto ciò che emerse fu sbalorditivo. Il risultato era crollato al 30%. Venne ripetuto nuovamente quando compirono 15 anni e si raggiunse il 12%. Infine, Land provò a testare un campione cospicuo di adulti (+25 anni di età), ben 280000. Il dato che scaturì fu scioccante: solo il 2%.
Ciò ci fa capire come i condizionamenti della società, la scuola e la disciplina contribuiscano ad assopire e smorzare quasi completamente la creatività nelle persone. Ancora presente in tenera età, andrà via via scomparendo man mano che si raggiunge l’età adulta.
Il segreto è racchiuso quindi nell’esigenza di battere nuove strade, abbandonare convenzioni e preconcetti, guardare oltre la fredda realtà, lasciarsi trasportare dalle idee e cercare di concettualizzarle per darne forma concreta nella vita di tutti i giorni. È quindi come essere eterni bambini, capaci di vedere il mondo con occhi scevri dai molteplici “inquinamenti” della società in cui vivono gli adulti e allo stesso tempo avere grande disciplina e rigore, per non perdere mai l’obiettivo che si vuole raggiungere.
Dunque, immaginare il futuro e anticiparlo.
Spesso, negli annunci di selezione del personale, le aziende cercano candidati dotati di varie soft skills, quelle abilità personali che vanno oltre la formazione accademica o l’esperienza professionale. Fra queste spicca certamente il problem solving, ossia la capacità di agire, in autonomia e in tempi brevissimi, per risolvere un imprevisto, un problema, un intoppo e dunque trovare una soluzione nel migliore dei modi per una situazione che si è creata. Sembrerà paradossale, ma ciò è un elemento o un “sottoprodotto” proprio del mondo della creatività.
Lasciare da parte regole, logica e abitudini, esplorando un mondo nuovo fatto di idee e colori, che attendono con ansia di prendere forma. Il nostro compito è liberarli, in tutto il loro magnifico potenziale.
In fin dei conti, tutto sommato, non è divertente?!